La telefonata prima di Natale

Questo per lei era il periodo più bello, lo sapete no com’è il Natale per i bambini?
C’era stata la festa di Natale a scuola, alle 16 i genitori erano tutti fuori dalla porta ad aspettare. Lei aveva visto la mano della mamma che la salutava dalla finestrina e si era allora sbrigata a mettere via la bustina di perline che le aveva regalato Stefania, la sua migliore amica, la colla stick, che stava rotolando giù dal banco e il libro della biblioteca “Piccoli Uomini” che era il continuo di “Piccole donne crescono”. 
Poi si erano messi tutti in fila, ognuno con la propria candelina e avevano cantato Caro Gesù Bambino.
Per lei era iniziato così il Natale, con una fetta di panettone in mano dal quale togliere tutti i canditi perché non le piacevano. Poi era arrivata la telefonata.
Aveva sentito la voce della mamma diventare sempre più seria, aveva anche urlato, ma a bassa voce, come fanno i grandi quando non vogliono farsi sentire. Ma l’aveva sentita e quando la mamma la fece sedere sul divano per parlare tenne gli occhi fissi sulla televisione accesa tutto il tempo.
Il giorno dopo la mamma aveva già preparato una piccola valigia e le aveva messo un vestito di lana che pizzicava, ma era meglio non dire nulla.
La valigia fu appoggiata sul divano, poi nell’armadio, poi di nuovo sul divano, poi all’ingresso, poi infine in bagno dove la mamma non poteva vederla e per qualche ora la mattina sembrò quasi una mattina normale, con i cartoni animati, a parte quel vestito che pizzicava.
Il papà arrivò poco prima di pranzo. La mamma prese la valigia dal bagno e le cadde subito, con le mani che un po’ tremavano.
In pochi minuti la mamma rimase sola sul divano, le mani strette nelle mani e il papà e la bambina partirono.
Il viaggio fu silenzioso e freddo. Quando il papà alzava il riscaldamento i vetri si appannavano subito e lui doveva aprire i finestrini, poi faceva di nuovo troppo freddo, rialzava il riscaldamento, si appannavano i vetri e lui doveva abbassare ancora quei benedetti finestrini.
Fuori scorrevano i fili dell’elettricità e i rami degli alberi spogli.
Si fermarono al supermercato e il papà le chiese qualche volta “Questo ti piace?” “E questo?” e lei annuiva, anche se il salame non le piaceva poi così tanto. Con le borse piene arrivarono nell’appartamento e si buttarono sul divano come fossero stanchissimi.
Dopo cena il papà andò subito a letto e la bambina rimase da sola a guardare la televisione, ma si addormentò presto. Si svegliò nel buio, non trovò la coperta e girò la testa da una parte all’altra per capire che cosa stava succedendo: le sue ciabatte erano rimaste a casa, infilò quelle del papà e trascinò i piedi fino al bagno, seduta sul water fece la pipì, non c’era carta igienica e tirò su i pantaloni veloce per non sgocciolarsi sulle gambe, nel corridoio c’era la porta della camera ma non ebbe il coraggio di aprirla e tornò sul divano.
Dovette ingoiare la saliva, due o tre volte, per farsi passare quel pianto che era lì per uscire.

 

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