Io avevo un bottone senza occhiello, un baco da seta,
mezzo paio di scarpe da clown e un’anima in saldo,
una vecchia olivetti con carie, un treno in ritardo,
un sorriso da filibustiere, una faccia da culo di bicchiere.
Le mie Annie Hall, Gioconda, Wendy, prima le dame,
il mio yo-yo, il mio sette di coppe, i miei sogni svaniti
i miei fiori del male, un cirro, uno strato
l’androne dove mi denudai, senza toccarmi i vestiti
Il mio nascondiglio, la mia chiave di sol, il mio orologio fermo,
una lampada di alì baba, dentro un lungo cilindro,
non sapevo che la primavera durava un secondo,
io volevo scrivere la canzone più bella del mondo.
Di fronte al capo di poca speranza ammainai la bandiera,
se mi perdo di vista aspettatemi nella lista d’attesa,
ereditai una bottiglia di rum da un clochard moribondo,
dimenticai la lezione al ritorno da un coma profondo.
Non potei mai cantare d’un fiato
la canzone delle bave del mare, dei fulmini in vena,
delle lacrime da piangere soli, quando valga la pena,
della pagina incinta nel ventre di un bloc vagabondo,
della goccia colorata nell’inno degli iracondi.
Io volevo scrivere la canzone più bella del mondo.
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