La signora Didì e le lettere d’amore

Questa mattina ho fatto colazione al bar e affianco a me c’era una signora, siamo uscite dal bar insieme, inciampando insieme sulla porta. Io perché avevo il cellulare il mano, come sempre, lei mi disse che aveva dormito poco, la figlia questa mattina partiva per la Grecia. Vacanza? Chiesi io. No, si trasferisce lì, deve scendere ad Atene e poi prendere un altro mezzo per andare in questo paese. Anche il figlio è lontano da Milano, è andato a vivere a San Pietroburgo, ha dato da lavoro a tanti giovani, creando aziende nuove e ora vive lì. Ho anche una nipotina 14 anni ma sembra una donnina. Quando la chiamo le chiedo “Quand’è che Beatrice torni qui?”  e lei risponde “Lo sai, vengo sempre la prima settimana del mese” “E sei contenta?” “Eh nonna…
No ma io non sono triste, sono abituata. Io non sono di Milano, sono ligure e mio padre era comandante della capitaneria di porto e stava via tanti mesi, in Sud America, in America. Mi ha portato il primo costume di nylon, ché qua non c’erano quando ero piccola. 
E non c’era neanche il telefono, quando si avvicinava a Imperia faceva suonare la sirena della nave, allora correvo al porto e gridavo papà papà!!
Sa è diverso adesso. Io ho ancora una cassettina, con tutte le lettere d’amore dei miei spasimanti. Mi chiamo Iolanda, perché mio nonno era morto della spagnola, ma a mia mamma metteva tristezza allora mi chiamava, Iolandina, Dina e poi Didì, tutti poi mi chiamavano Didì. Ogni tanto me le rileggo, sono ricordi, e uno dei miei spasimanti dopo che l’avevo lasciato nella lettera mi chiamava DDT! Ora i cellulari sono comodi, è bello, ma poi alla mia nipotina cosa rimarrà quando sarà vecchia? Si perde tutto.
E’ bello rileggere le lettere d’amore.

Già.

 

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